Sentiero delle Sorgenti


L'itinerario si sviluppa sul versante sud del Parco dei Nebrodi in un territorio montano caratterizzato da dolci declivi che danno a questi monti un aspetto rassicurante e può essere effettuato sia a piedi che in Mountain Bike. Maniace punto di partenza e d'arrivo dell'itinerario, è un luogo di forti memorie storiche. E' posto in una magnifica posizione, in una fertile ed irrigua vallata, al punto di congiungimento di tre torrenti: il Cutò, il Martello e il Saracena, che scendono dai monti Nebrodi  per confluire nel fiume Simeto dandogli origine. Questo sentiero, per circa la metà del suo percorso, corrisponde alla "via" che percorrevano pastori e contadini provenienti da Tortorici. Questi,  già nella prima metà del XIX sec., dopo aver superato i rilievi montuosi dei Nebrodi, cominciarono ad affacciarsi sulle terre della Ducea Nelson in cerca di sussistenza, facendo periodicamente spola tra la "roba" e la "casa".

L'Obelisco fu fatto erigere dal Duca Nelson nel 1905,per delimitare la Ducea. Questo luogo offre l'occasione per ammirare una spettacolare veduta dei Nebrodi, che spazia dal lago Trearie alla Serra del Re e fino alla vetta di Monte Soro, con il Mongibello che sovrasta in lontananza. Da qui in poi il cammino si svolge prevalentemente in discesa. Il sentiero in terra battuta in direzione nord-ovest, lambisce la zona di Foresta Vecchia.

L'itinerario, che si sviluppa prevalentemente entro il demanio forestale, è caratterizzato dalle sorgenti e dalla vegetazione tipica dei monti Nebrodi. Il percorso è infatti contraddistinto da boschi di roverella (Quercus Pubescens), da maestosi cerri (Quercus Cerrius)e, salendo di quota dal piano montano-mediterraneo segnato dalla presenza dei faggi(Fagus Silvatica) e dell'agrifoglio (elix aquifolium).

 Il percorso naturalistico verrà arricchito dalla possibilità di gustare i prodotti tipici della nostra terra che rappresentano il fiore all'occhiello enogastronomico della provincia Catanese, il pane casereccio, il vino, l'olio, le carni, i formaggi, la frutta patrimonio di una culture che si intende salvaguardare dalla caotica società moderna


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Targia - Plemmirio - Ortigia (Siracusa)


Ortigia (L'Ottiggia in dialetto siracusano, Ortygia, Ὀρτυγία in greco antico) è il toponimo dell'isola che costituisce la parte più antica della città di Siracusa rappresentandone la rispettiva circoscrizione, la nona ed ultima sul territorio cittadino.
Il suo nome deriverebbe dal greco antico ortyx (ὄρτυξ) che significa "quaglia". La sua estensione non supera 1 km²[1][2] e la sua popolazione ammonta a circa 4.500 abitanti.



Ortigia è un'isola, posta nella costa orientale della Sicilia.
La sua conformazione geologica è composta da una roccia con fratture naturali, questo tipo di roccia si presta a far filtrare l'acqua naturalmente, motivo questo che spiega perché l'isola sia collegata "idrologicamente" alla terraferma siracusana. L'alimentazione di tale rapporto con l'acqua può essere attribuito ad un falda profonda collocata in corrispondenza di una faglia, attualmente inattiva, ricca d'acqua, la quale è compressa dallo strato impermeabile delle argille quaternarie che si stendono nella bassa valle dell'Anapo e circondano l'isola di Ortigia ed il Plemmirio.
Dalla Porta Marina fino al Castello Maniace (che rappresenta la punta estrema dell'isola), vi è un susseguirsi di sorgenti e fonti naturali che fuoriescono al di sotto o in corrispondenza del livello medio del mare; ne è un esempio la rinomata Fonte Aretusa, uno specchio d'acqua dolce situato in Ortigia e che arriva al contatto con l'acqua salata del mare. La presenza di queste sorgenti è dovuta alla pendenza naturale delle fluenze e dal già citato sistema di fratturazione esistente nelle rocce ortigiane, entrambi sono fattori favorevoli all'insorgere delle acque.
Altri esempi di sorgenti naturali in Ortigia sono dati dalla Fontana degli Schiavi; da uno dei miqwè (bagno ebraico) più suggestivi d'Europa; dalla Vasca della Regina (sorgente naturale posta al di sotto del livello del mare, nel Castello Maniance) e le manifestazioni sorgive, quasi del tutto scomparse di Occhi di Zivillica (o Occhi di Zilica).
Altro aspetto morfologico molto interessante dell'isola di Ortigia, sono i suoi ipogei; i siracusani li hanno scavati nei secoli, già dai tempi greci fino ai tempi bellici della seconda guerra mondiale, quando questi ipogei vennero utilizzati come rifugi antiaerei per la popolazione. Il più importante è quello di Piazza Duomo, recentemente aperto al pubblico, sulle cui pareti si notano anche degli affreschi bizantini. Ortigia ha molti ipogei sotterranei, in alcuni, come in quello del quartiere ebraico, la Giudecca, vi è anche la presenza dell'acqua dolce, con le stesse caratteristiche delle altre polluzioni d'acqua naturale descritte sopra.
La sua costa forma l'entrata naturale di un grande golfo, la cui altra estremità è rappresentata dalla costa del Plemmirio. Si pensa che l'isola, dopo la colonizzazione greca, venne collegata quasi subito alla terraferma utilizzando un terrapieno, ovvero un accumolo di terreno realizzato aritificialmente. In seguito il terrapieno venne sostituito da un ponte. La sua costa, in tempi antichi, doveva essere più prolungata, infatti dai vari studi archeologici fatti presso il Porto Piccolo di Siracusa, risulta visibile sott'acqua parte della banchina marmorea che contraddistingueva l'approdo siracusano. La tipologia di costa è rocciosa e frastagliata, nella sua maggior parte, eccetto qualche golfetto di sabbia.
Infine la sua vegetazione (non estesa poiché l'isola è stata densamente popolata ed edificata in passato) è composta dalle piante tipiche del clima mediterraneo; quindi palme e ficus tra tutti, inoltre attira curiosità, e spesso stupore, la presenza della pianta di papiro che cresce spontanea all'interno della Fonte Aretusa. La sua fauna invece conta caratteristiche papere che fanno parte della cultura paesaggistica, basti pensare che la Fonte Aretusa, è stata ribattezzata dai siracusani "fontana delle papere", proprio per le numerose papere che vi si trovano al suo interno. Così come i pesci d'acqua dolce e le tante altre specie che vivino in mare.

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Monte Soro Nebrodi



Il Monte Soro, con i suoi 1847 m s.l.m., è la cima più alta dei monti Nebrodi. Sulla vetta del Monte si trova un ripetitore per la Tv via etere Rai il cui segnale copre, grazie all'altezza in cui è posta, una vasta area.

Dalla vetta del Monte Soro è possibile vedere sia le Isole Eolie che l'Etna.

Il monte è raggiungibile dalla Strada statale 289, che congiunge San Fratello e Cesarò, attraverso il bivio in corrispondenza di Portella Femmina Morta.

È tra le vette più elevate della Sicilia dopo l'Etna, Pizzo Carbonara (1979 m.s.l.m.) e alcune altre cime delle Madonie.


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Scordia Castellana Grand Canyon


Adagiata a 150 metri di altitudine, Scordia rappresenta un terrazzo dal quale lo sguardo può volgere alle innevate pendici dell'Etna, fino alla Playa, il litorale a sud di Catania, passando per i verdi agrumeti che hanno sempre dato un importante contributo al commercio. Il suo nome, di origine greco-bizantina, forse si richiama alla mitica colonia lentinese di Scordion, che significa "aglio", quasi ad indicare la fertilità del suolo; nei dintorni, infatti, vi sono tracce d’insediamenti umani preistorici, che risalgono all’età dei Siculi (VI e V secolo a.C.). Successivamente, conobbe anche la civiltà greco-romana e quella bizantina; in possesso feudale alla Sede Apostolica, passò poi alle nobili famiglie di Virgilio Scordia, di Russo Rosso e sotto i Branciforti di Militello che la governarono sino al 1812, anno in cui, abolito il feudalesimo, ottenne l’autonomia comunale.
Oggi Scordia è uno dei principali centri agrumicoli della Sicilia, sia per la qualità del prodotto, sia per la sua commercializzazione. Oltre trenta aziende, nella stagione invernale, sono impegnate nella lavorazione delle arance; il prezioso frutto, alla fine, è destinato ai mercati più lontani. L'economia è inoltre sostanziata da attività di artigianato di ogni tipo, comprese industrie manifatturiere che occupano diverse centinaia di lavoratori.

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Augusta e dintorni


AUGUSTASULLA TRACCIA DELL'ANELLO DEL MEGARESE

Tutti in sella, ma senza una meta.

Nella giornata di domenica ha avuto luogo la passeggiata in bicicletta "L'anello del megarese". L’iniziativa è stata promossa e organizzata dall'associazione "Freeride Augusta" che, da diversi mesi, si propone di organizzare delle passeggiate "senza meta", aggregando persone di Augusta e di altre città come Floridia, Siracusa, Melilli e dell'hinterland catanese. "Partendo da Augusta – ha dichiarato Andrea Contento, tra i fondatori di Freeride Augusta – proseguiremo lungo la zona costiera per poi arrivare fino a Brucoli, da cui poi ripartiremo per arrivare alla Gisira e le zone esterne al territorio megarese. Nel pomeriggio, dopo aver girato attraverso le campagne di Villasmundo, torneremo indietro e chiuderemo questo anello del megarese". Quella di Freeride Augusta è stata una buona occasione di aggregazione sociale che ha visto amici di vecchia data rincontrarsi e persone stringere nuove amicizie. La bicicletta in un contesto economico-sociale che vede il rincaro dei prezzi dei carburanti, oltre al continuo aumento di flusso del traffico, potrebbe ritornare ad avere un ruolo da protagonista nella vita di tutti i giorni. A tal proposito, il gruppo Freeride Augusta auspica un incentivo da parte delle istituzioni per diffondere la cultura della bicicletta mediante la creazione di piste ciclabili, giornate dedicate al ciclismo e quant'altro. Si avvererà tutto ciò? Parafrasando una nota canzone di Biagio Antonacci, lo scopriremo solo… pedalando. 

Fonte http://www.webmarte.tv/news/17404/sulla-traccia-dellanello-del-megarese


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http://youtu.be/7_EiKHfGTq8


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L'Etna in MTB


Coordinate: 37°37′51.4″N 15°1′20.3″E 
Parco dell'Etna

Tipo di area Parco regionale
Codifica EUAP EUAP0227
Class. internaz.  
Stati Italia
Regioni Sicilia
Province Catania
Comuni vedi elenco nel testo
Superficie a terra 58.095 ha
Provvedimenti istitutivi D.P.R.S. 37, del 17.03.87
Gestore Ente Parco dell'Etna
Presidente Marisa Mazzaglia

Il Parco dell'Etna è un'area naturale protetta della Regione Siciliana, istituita nel 1987.

La prima volta che si pensò all'istituzione di un Parco dell'Etna, fu intorno agli anni sessanta, quando cominciò ad affermarsi, fra gli appassionati della Montagna, la necessità di tutelare la natura dalla invasione del turismo di massa portato dalla diffusione dei mezzi di trasporto personali.
Sull'argomento si discusse molto sia fra la popolazione che fra i politici e si andò avanti fino agli anni ottanta, quando la Regione Siciliana istituì tre Parchi Regionali e fra questi quello dell'Etna con la legge n. 98 del maggio 1981.
Per arrivare però alla reale costituzione del Parco, occorse attendere ancora altri sei anni ed arrivare al marzo 1987. Lo scopo del Parco è quello di tutelare il patrimonio boschivo e la conservazione e lo sviluppo delle specie floreali e faunistiche specifiche dei luoghi e di regolamentare e coordinare lo sviluppo di quelle attività turistiche che possano dare fruibilità ai luoghi e benessere alle popolazioni insediate nell'ambito territoriale.

Nel 1987 fu costituito l'"Ente Parco dell'Etna", ente di diritto pubblico sottoposto a controllo e vigilanza della Regione siciliana, con sede a Nicolosi, presso l'antico monastero di San Nicolò l'Arena.


Flora

Betula aetnensis
Nella zona sommitale del vulcano non vi è alcun tipo di vegetazione in quanto sulla lava recente nessun seme può germogliare. Scendendo intorno ai 2400 metri si incontrano la saponaria (Saponaria sicula), l'astragalo siciliano (Astragalus siculus), il tanaceto (Tanacetum siculum), il cerastio (Cerastium tomentosum), il senecio (Senecio squalidus), la camomilla dell'Etna (Anthemis aetnensis), il caglio dell'Etna (Galium aetnicum), la romice (Rumex scutatus) e qualche muschio e lichene.
Già intorno ai 2000 metri si possono incontrare, su alcuni versanti, il pino loricato, la Betula aetnensis e il faggio ed ancora più in basso anche castagno e ulivo. Assieme a questa vegetazione convive la ginestra dell'Etna che con i suoi fiori gialli crea, nel periodo della fioritura, un bel cromatismo con il nero della lava vulcanica.
Nella zona collinare delle falde si incontrano i vigneti di Nerello, dai quali si produce l'Etna vino DOC della zona pedemontana.
Nel versante nord-ovest del vulcano, dai 600 agli 850 metri di altitudine, prosperano i pistacchi (Bronte) e le fragole (Maletto) unici per il loro sapore e colore dovuti alla tipicità del territorio e del microclima. Altra notevole produzione è quella delle pere di vario tipo e delle pesche, tra cui spicca fra tutte la "tabacchiera dell'Etna".
La notevole ricchezza dei suoli ha permesso lo sviluppo di una ricchissima varietà agricola, soprattutto nelle zona nord - orientale del vulcano, rispetto agli altri territori, grazie al particolare microclima che si è venuto a creare dalla vicinanza con la costa ionica: numerose specialità, tra le quali ad esempio la Ciliegia rossa dell'Etna (Comuni Milo, Sant'Alfio, Mascali e Giarre) o le noci/noccioline di più alta quota (Comuni di Sant'Alfio, Milo, Piedimonte Etneo), rappresentano un patrimonio, ancora non del tutto valorizzato, su cui l'Area protetta del Parco dell'Etna non potrà fare a meno in un futuro.


Fauna
Esemplare di volpe rossa nei pressi del Rifugio Sapienza 

Cucciolo di volpe rossa dell'etna
Circa un secolo e mezzo fa Galvagni, descrivendo la fauna dell'Etna, raccontava della presenza di animali ormai scomparsi e divenuti per noi mitici: lupi, cinghiali, daini e caprioli. Ma l'apertura di nuove strade rotabili, il disboscamento selvaggio e l'esercizio della caccia hanno portato all'estinzione di questi grandi mammiferi e continuano a minacciare la vita delle altre specie. Nonostante ciò sul vulcano vivono ancora l'istrice, la volpe, il gatto selvatico, la martora, il coniglio, la lepre e, fra gli animali più piccoli, la donnola, il riccio, il ghiro, il quercino e varie specie di topo, pipistrello e serpente.


Luoghi di interesse

Grotta del Gelo. Si tratta di una grotta di scorrimento lavico che presenta la particolarità di avere al suo interno una temperatura che persino nei mesi estivi non va sopra i -6 °C, causando la presenza di ghiaccio perenne al suo interno.


Accessi

Un treno della Ferrovia Circumetnea circumnaviga le pendici lambendo l'anello inferiore del parco.
Da tutti i comuni il cui territorio è anche solo in parte compreso nell'area protetta, è possibile accedere al Parco attraverso mulattiere o sentieri. Gli accessi più facili attraverso strade asfaltate, che ovviamente si trovano nella parte più antropizzata, sono quelle dai comuni di:
Belpasso
Castiglione di Sicilia
Nicolosi che si trova sulla strada che collega direttamente Catania al Rifugio Sapienza del CAI
Linguaglossa
Milo e S.Alfio
Pedara
Trecastagni
Zafferana Etnea
Adrano e Biancavilla per la strada che passa dalla contrada Milia e da qui si arrampica fino al Grande albergo
Ragalna
In occasione di grandi eruzioni, le possibilità di accesso possono subire notevoli variazioni.


Comuni

Comuni su cui insiste il parco
Questo è l'elenco di tutti i 20 comuni che si adagiano con almeno una parte del loro territorio sulla fascia etnea: Adrano Ha 4.319, Belpasso Ha 1.712, Biancavilla Ha 3.830, Bronte Ha 10.200, Castiglione di Sicilia Ha 5.412, Giarre Ha 1, Linguaglossa Ha 4.120, Maletto Ha 3.564, Mascali Ha 331, Milo Ha 1.117, Nicolosi Ha 3.271, Pedara Ha 896, Piedimonte Etneo Ha 793, Ragalna Ha 2.504, Randazzo Ha 6.270, Sant'Alfio Ha 1.843, Santa Maria di Licodia Ha 443, Trecastagni Ha 1.296, Viagrande Ha 93, Zafferana Etnea Ha 6.250.
Undici fra questi arrivano fino al cratere centrale; se si immagina cioè il vertice della montagna come un punto geometrico, esso appartiene a ben undici comuni.

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Piano Margi

 
Piano Margi, ubicata a quota 900 s.l.m. in zona pianeggiante. Questo percorso presenta maggiori difficoltà del precedente. Al centro della zona è stato realizzato un laghetto collinare, decorato con una caratteristica barca in pietra e pieno di pesciolini rossi. Intorno, in un raggio di circa tre ettari, molti tavoli e panche in legno, diversi punti fuoco, una caratteristica fontana con freschissima acqua sorgente, un forno, altalene e travi di equilibrio per bambini. La zona è circondata da una foresta di pini mediterranei misti a ceppaie di castagno e, nelle vicinanze, anche una zona coltivata a nocciole e prati aperti. Il posto è molto ricco di funghi soprattutto in autunno, mentre in primavera, i prati, sono meta dei cercatori di Lumache. Interessante la presenza in zona del punto denominato "Castello di Margi", una roccia affiorante sommitale, molto caratteristica, che il vento e la pioggia hanno eroso e divisa in fenditure e crepacci e che secondo alcune leggende rappresenta un sito archeologico.  Proseguendo, oltre Piano Margi, a destra si ridiscende verso Bafia o la vallata del Patrì; proseguendo diritto la strada porta al crinale dei Peloritani e poi ridiscende verso S. Teresa Riva (interrotta per frana), Mandanici o S. Lucia del Mela. Questo percorso veniva utilizzato, fino a qualche decennio fa, per pellegrinaggi a piedi dalla zona ionica al Santuario di Tindari; al culmine della salita icone votive sono state poste in segno di devozione. Si sconsiglia comunque di prendere questi percorsi perché interrotti da varie frane, non rimosse dagli Enti preposti, superabili sulle tracce dei fuoristrada attrezzati ma molto pericolosi per gli strapiombi che si sono aperti.


             


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Castello di Poira


L'antico castello sorge in contrada Poira, nella strada che conduce da Paternò a Centuripe. Fu probabilmente edificato in età medievale sui resti di antico centro abitato dai Siculi. L'imponente complesso edilizio costituito da quattro grandi corpi di fabbrica con funzione abitativa, di magazzino, di riparo per gli animali e religiosa, fu sede di una masseria fino alla fine del XX secolo[1].

In età moderna il castello fu residenza dei baroni Spitaleri di Adernò, proprietari del feudo di Poira[2]. Qui alla fine dell'Ottocento si verificò il "sequestro Spitaleri" ad opera della Banda Maurina, un gruppo di briganti attivo nelle campagne del Catanese e delMessinese. I membri della banda assaltarono il castello del barone Spitaleri, per la cui incolumità la banda chiese ed ottenne 50.000 lire. I briganti fecero comunque irruzione nel castello depredandolo, per poi fuggire[3].

Sulla collina di Poira, nel 1995, la Sopraintendenza ai Beni Culturali di Catania ha portato alla luce una necropoli ellenistica con tombe del VI e V secolo a.C., contenenti all'interno vasellami di vario stile. Poco lontana la "Grotta degli Schiavi", probabilmente unErgastulum romano, dove, al termine del lavoro, venivano posti gli schiavi e incatenato chi si ribellava ai lavori imposti.

Dell'antico edificio oggi rimangono alcuni resti. Si possono ancora vedere tracce della doppia cinta muraria, le feritoie, le finestre strombate, l'enorme cisterna, la cappella e una stanza con i camini. Il sito è stato abbandonato e saccheggiato negli ultimi decenni.


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http://youtu.be/M23FfQ-y1t0

http://youtu.be/pQnzlmBj5Ms


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Riserva Naturale di Pantalica

La Riserva Naturale Orientata Pantalica, Valle dell'Anapo e Torrente Cava Grande occupa una superficie di 3.712 ettari nei territori di Sortino, Ferla, Cassaro, Buscemi e Palazzolo Acreide (in provincia di Siracusa). L'area protetta interessa la Valle dell'Anapo ed il torrente Cavagrande.

Pantalica

Riserva Naturale Pantalica, Valle dell'Anapo e Torrente Cava Grande 

Descrizione

L'Anapo - il cui nome, di origine greca, significa "invisibile" - nasce nel territorio di Palazzolo Acreide dalle sorgenti di Guffari sul Monte Lauro, e scorre inizialmente in una vallata intensamente erosa, che si allarga e si restringe. All'altezza dell'abitato di Palazzolo, la valle dell'Anapo incomincia ad assumere la caratteristica conformazione a canyon, incassandosi fra strati di rocce dure in cui ha inciso tortuosi meandri dalle ripide e strette pareti, noti come gole di Pantalica. E' in questo tratto, dopo il ponte di Cassano-Ferla e i meandri di contrada Giambra, nel comune di Sortino, che si trova la necropoli di Pantalica, una delle più estese del Mediterraneo con il suo alveare di migliaia di tombe distribuite lungo la parete rocciosa, usata dalla preistoria all'epoca paleocristiana. Oggi gran parte della valle dell'Anapo, compresa l'area della necropoli, è protetta dalla Riserva Naturale Pantalica, Valle dell'Anapo e Torrente Cava Grande, istituita in seguito all'approvazione di una legge regionale che inserisce l'area fra quelle di primario interesse naturalistico.
Dal punto di vista naturalistico, predomina una vegetazione a macchia arbustiva; nel fondovalle, a tratti boscoso, si incontrano i caratteristici platani orientali, pioppi neri e bianchi, salici, e un ricco e odoroso sottobosco; i versanti meno ripidi sono colonizzati, fra ampi querceti, dai lecci. Negli ambienti più aperti spettacolare è il tripudio delle fioriture primaverili, con iris, crochi, asfodeli e numerose specie di orchidee selvatiche. La zona è popolata da mammiferi (volpi, conigli, donnole, martore, istrici), uccelli (falco pellegrino, poiana, aquila del Bonelli, nibbio reale, codibugnolo, merlo acquaiolo), rettili, tra cui spicca il colubro leopardino, e insetti, tra cui si segnala la libellula nera. Una serie di sentieri consente di risalire la vallata, chiusa alle auto, fino a raggiungere l'area archeologica di Pantalica.
L'insediamento di Pantalica si è sviluppato sullo sperone alla confluenza tra la valle del torrente Cava Grande e la Valle dell'Anapo; lo sperone è collegato al retrostante altopiano solo mediante uno stretto istmo, la Sella di Filipporto, o "Porta di Pantalica". Il dosso incombe con altissime balze a strapiombo sul letto dei due corsi d'acqua, incuneati in strette gole. La vasta scenografia delle cinque distinte necropoli, testimonianze della città protostorica, è scandita da migliaia di tombe a grotticella ricavate nelle pareti rocciose. Le più antiche (la necropoli nord-ovest e la vasta necropili nord) risalgono ai secoli XII-XI a.C., mentre le più recenti (i gruppi laterali di Filipporto e della Cavetta) sono databili ai secoli fra il IX e l'VIII a.C.. Dell'antico abitato sono visibili i resti megalitici del palazzo reale, o anaktoron (VIII secolo a.C.), nel punto centrale del pianoro da cui si dominava la valle, e le fortificazioni della Porta di Pantalica. La città fu fondata da popolazioni indigene pregreche provenienti dalla costa e si sviluppò a cavallo dell'età del Bronzo e della prima età del Ferro. Il nome Pantalica è tuttavia di età bizantina (fase storica di cui si conservano numerose vestigia: abitazioni, minuscole chiesette e oratori); il toponimo antico non è reso noto dalle fonti storiche: secondo alcune ipotesi Pantalica potrebbe identificarsi con l'antica Hybla, principale insediamento dell'area in epoca pregreca.

Fiume Anapo

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http://youtu.be/DLmI4wQ3-6c

http://youtu.be/1aVxCaKwLd4

http://youtu.be/Tr4Q3o0LVvg

http://youtu.be/0Dlqg1xaffE


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Santa Maria del Bosco


Da Randazzo si và all’incrocio che porta alla SS 116 Randazzo Capo D’Orlando, si imbocca la statale attraversando il ponte sul fiume Alcantara e dopo questo alla seconda curva si svolta a sinistra, qui si troverà un cartello che indica l’inizio della strada che conduce a Santa Maria del Bosco. La strada è stretta ed asfaltata, tranne per dei brevi tratti che sono in terra battuta. Arrivati davanti al cancello di ingresso di Santa Maria del Bosco, parcheggiate l’auto perché da qui inizia il percorso. Superato il cancello, bisogna decidere il senso di marcia quindi se andare dritti e fare il giro in senso orario o andare a destra per percorrere l’itinerario in senso antiorario.

Noi consigliamo di andare subito a destra e fare il percorso in senso antiorario sarà più duro dato che va subito a salire, ma lo sforzo maggiore vale la pena perché 
percorrendo l’itinerario in questa direzione si avrà sempre più visuali dei panorami circostanti. Arrivati in quota troverete un incrocio con dei cartelli in legno che indicano la direzione per Santa Maria del Bosco. Cominciate a scendere verso sinistra sino ad arrivare all’innesto che porta all’area attrezzata di Santa Maria del Bosco. Qui troverete sevizi igienici, acqua, panche per il picnic e tutto è mantenuto con molta cura. Fatta la sosta e la visita dell’area attrezzata, si torna indietro e all’incrocio da dove siete arrivati, andrete a destra cominciando la discesa per il ritorno.

L’ambiente e le specie arboree predominanti sono fitti boschi di roverella, qualche acero, pini e pioppi che fanno paesaggio forestale molto vario. A completare tutto, ci sarà la bellissima visione della vallata del fiume Alcantara che si va ad incastonare nel paesaggio dell’Etna e si integra con una magnifica vista dall’alto della città di Randazzo.

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Alcantara


Bellissimo percorso xc/all mountain lungo il fiume Alcantara. Risalita dell'Alcantara con partenza da Calatabiano sino ai laghetti di Castiglione e divertente ritorno in discesa lungo lo stesso tracciato sino al punto di partenza. Tracciato di notevole interesse naturalistico e paesaggistico che permette di scoprire da un altro punto di vista, un luogo naturalistico tra i più belli della Sicilia, spesso visitato solo dal classico ingresso alle Gole. Anche se di pochi km, vale la pena venire a percorrere questo tracciato di sicuro fascino e bellezza.

Come arrivare al punto di partenza
Via ALCANTARA SP81

Il Fiume Alcantara

il fiume alcantaraDal cono vulcanico dell'Etna, a quota 1250m, nasce il Fiume Alcantara, un corso d'acqua con caratteristiche insolite che, nel suo scorrere incessante, ha attraversato nei secoli una straordinaria vallata, anticamente invasa da una violenta e abbondante eruzione ad opera del Vulcano di Mojo (oggi spento). Un fenomeno curioso e misterioso caratterizzò il consolidamento di questa lava: si formarono, molto lentamente, un'infinità di prismi praticamente perfetti, che diedero vita a delle masse rocciose a dir poco spettacolari, oggi osservabili grazie all'azione erosiva del fiume; scavando nel tempo, l'acqua portò alla formazione di veri e propri canyon: le attuali Gole dell'Alcantara; in realtà una sola gola (nonostante il nome al plurale), con una lunghezza di circa 400 metri, un'ampiezza media di 5 metri ed un'altezza che in alcuni punti supera i 50 metri. Una parte di questa gola è accessibile all'uomo (quando il livello dell'acqua non è alto - generalmente d'estate) e permette di ammirare da vicino lo straordinario ambiente naturale e la particolarità geologica della roccia lavica modellata, tipica di queste grigie e imponenti pareti. Ma il fiume si presenta stupendo anche oltre le gole, dove l'acqua scivola a valle attraverso il grigio basalto orlato di bianco, creando piccoli laghetti, salti e cascate circondate da una fitta vegetazione.


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http://youtu.be/8Nq1uKJI-tc

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Il lago di Pozzillo

IL LAGO POZZILLO (sconsiglio di aggirare il lago in MTB)

Siamo al centro della Sicilia, in quella parte dell'isola che i Romani chiamarono "umbilicus Siciliae" e che gli Arabi segnarono nelle carte geografiche come ideale spartiacque tra la Val Demone e la Val di Noto. Una piana sconfinata dove un incredibile silenzio si accompagna a una natura quieta e delicata ma che allo studioso ricorda le mille battaglie legate alle storiche mire di conquista dell'uomo: l'era dei Siculi, il processo di ellenizzazione degli abitanti a opera dei Greci, l'epoca romana, l'avvento degli Arabi e poi di Normanni, Svevi, Angioini, Spagnoli sino alla dominazione borbonica, travolta, alla fine, dai moti garibaldini e dall'unità d'Italia. Per queste terre transitò intorno alla fine del Settecento Wolfgang Goethe provando grandi emozioni dinanzi a natura e paesaggi incantati. Un'immensa radura che fu per lunghi decenni un fertilissimo granaio sino all'operosa trasformazione che del luogo fu avviata poco dopo il 1950. Essa offre brani di pace silente e visioni d'incanto. Il tutto arricchito a distanza dalla massiccia mole dell'Etna ammantato di neve che sembra suggellare un panorama di rara bellezza. Per assicurare l'irrigazione degli agrumeti di parte dell'Ennese e della piana di Catania, oltre che per alimentare una centrale idroelettrica, Regione e Stato decisero di realizzare un bacino che ancora oggi è fra i più estesi d'Europa. Ci sono voluti quasi dieci anni per completare la costruzione di questo vero e proprio lago denominato Pozzillo la cui lunga striscia argentea somiglia curiosamente a una elegante cravatta e la cui vista quasi nobilita i caratteri di un pezzo di Sicilia probabilmente sconosciuta ancora a molti. Dalla fusione delle contrade Cangemi, Prato e Buterno è stata come ricavata un'area che si estende per circa quindici chilometri in cui è sorto un bacino imbrifero di rimarchevole portata. E ciò quasi a voler incentivare la caratteristica vocazione della provincia di Enna definita la "provincia dei laghi" per via del progressivo sorgere di ben cinque potenti serbatoi mirati a irrigare le arse campagne isolane.


DATI TECNICI

La diga di Pozzillo o lago Orcel, ottenuta dallo sbarramento del fiume Salso è stata ultimata nel 1959, costruita per conto dell'Ente di Sviluppo Agricolo ed attualmente gestita dall'Enel. La stessa ha destinazione idroelettrica ed irrigua. Tecnicamente il muro è a gravità realizzata con blocchi di calcestruzzo con interposti giunti di scorrimento. Con un'altezza massima di 59 m ed uno sviluppo di 319 m, sottende un bacino imbrifero di 580 Kmq con una capacità totale di 150.000.000 di mc di acqua. Allo stato attuale solo le aree adiacenti al lago Pozzillo, al fiume Salso e alla parte montana a nord del territorio comunale garantiscono per la fauna migratoria in transito un buon habitat di ristoro, pastura ed anche valide condizioni per la riproduzione.



TURISMO

Diga - Panorama

Ai fini dello sfruttamento turistico si stanno prevedendo:

  1. Recupero ambientale con ripopolamento floristico e faunistico lungo i percorsi del Salso e del Lago Pozzillo
  2. Realizzazione o sistemazione di percorsi territoriali, fluviali o lacustri attrezzati con tipologie pedonabili, ciclabili e percorribili a cavallo
  3. Realizzazione di aree di parcheggio a servizio di percorsi territoriali
  4. Realizzazione di aree attrezzate per sosta ed attività sportivo ricreative a servizio di percorsi territoriali
  5. Realizzazione di attrezzature territoriali per il pernottamento a servizio di percorsi territoriali: aree di parcheggio, rifugi, ricovero cavalli
  6. Consolidare e riqualificare le aree attrezzate esistenti migliorando l'offerta di servizi pubblici (centri visitatori, aree per pic-nic, spogliatoi, servizi ecc.) e coordinando l'offerta privata; si è ritenuto, infatti, che tali aree possano costituire per le loro caratteristiche una importante occasione per la realizzazione di poli attrezzati destinati a una fruizione di massa del lago Pozzillo
  7. Sfruttare e valorizzare la zona prossima al lago e più accessibile, che è quella di C.da Piano Arena, lasciando inalterate le sponde poste a nord le quali presentano una notevole bellezza e che verranno potenziati con interventi di ingegneria naturalistica. In C.da Piano Arena, area in prossimità della sponda Est del Lago, esistono delle attrezzature sportive già esistenti che possono diventare un polo d'attrazione anche per i comuni limitrofi che presentano carenze da questo punto di vista. Tra le aree destinate agli impianti sportivi verranno intercalate delle zone atte ad ospitare i parcheggi per i fruitori delle sponde del lago, nonchè piccole costruzioni destinate ai servizi igienici, uffici informazioni e collegate alle aree che ospiteranno manufatti ricettivi come bar, ristoranti, ecc. Come detto, a diretto contatto con la zona sportiva viene, è in previsione un'ampia area destinata a vere e proprie strutture ricettive finalizzate al pernottamento: villaggio turistico, aree di campeggio, rifugi, ecc...


Lago Pozzillo - Panorama

Vi si arriva attraverso:

  1. Autostrada PA-Ct A19 con svincolo presso Catenanuova
  2. Strada statale 121 Palermo - Catania
  3. Strada provinciale Regalbuto - Catenanuova
  4. Strada provinciale n. 59 Piano del Pero - svincolo per Agira
  5. Strada provinciale n. 60 Regalbuto - Piano Mattino
  6. Strada provinciale n. 69 Regalbuto - Sparacollo
  7. Strada provinciale n. 83 Regalbuto - Lago Pozzillo
  8. Strada provinciale n. 56 Sparacollo - Troina
  9. Strada consortile Regalbuto - Centuripe
  10. Strada consortile Regalbuto - Gagliano Castelferrato

Esiste, inoltre, un tratto ferroviario, in disuso, proveniente da Motta S. Anastasia con una stazione in territorio di Regalbuto in C.da Piano Arena; nonchè tutte le strade comunali e rurali distribuite nell'intero territorio.



Bosco di Malabotta


Il Bosco di Malabotta è il bosco per eccellenza. Eccezionale è il suo valore ecologico, non solo per l'integrità, ma soprattutto per l'accentuata diversità ambientale, in relazione all'estensione in altitudine della riserva. Dal punto di vista geomorfologico, nella parte centro-settentrionale dell'area, predominano i sedimenti argilloso-arenacei, i profili delle alture sono dolci e regolari; nella porzione meridionale, invece, la presenza di conglomerati e di rocce calcaree spiega la presenza di dirupi come quelli di Pizzo Castelluzzo, Serra Castagna, Pizzo Daniele e Pizzo Galera. Nella riserva troviamo, diversi habitat: il bosco, la prateria, gli ambienti umidi torrentizi e quelli rupestri.

Bosco di Malabotta

Data dell’Istituzione: 25 luglio 1997; 
Estensione totale: 3221,95 Ha; 
Riferimenti geografici:  I.G.M.I. 1:25.000 (V); FFgg.: 262 IV N.O.- IV N.E.;

A pochi passi da Roccella Valdemone, paesino aggrappato su un costone roccioso meta di appassionati di free climbling, quest’area, posta sull’alta valle Alcantara guarda a non molta distanza ai Nebrodi ed alle Rocche del Crasto. La Riserva abbraccia i Comuni di Francavilla, Floresta e Patti.

L'ente gestore è l'Azienda Foreste.  Sotto una fitta vegetazione boschiva composta da antichi ed alti esemplari di cerri, noccioleti, faggi, querce, pini, scorre un ruscello, il torrente Licopedi di Roccella, che poco più giù confluisce nell’Alcantara.

Il Bosco di Malabotta (700 - 1300 m slm) è un'area di eccezionale valore naturalistico. Si tratta di una vasto comprensorio naturale fra Roccella Valdemone e Montalbano Elicona, dove su sedimenti ora argilloso-arenacei, ora su rocce alluvionali e calcaree  si è spontaneamente formato un ecosistema ricchissimo di flora e fauna. La riserva è punteggiata da numerose alture: Pizzo Castelluzzo, Serra Castagna, Pizzo Daniele e Pizzo Galera, ora rivestiti di fitto bosco, con alberi centenari, ora aperti a vaste radure abitate dai suini neri, ora torrenti impervi in cui si riproduce la rara trota macrostigma. In genere il bosco è costituito da querce, pini, noccioli, castagni, pioppi e aceri, interrotti da splendidi esemplari di agrifoglio.

Più in basso, il leccio .Il sottobosco conta il biancospino, la rosa selvatica , lo sparzio spinoso ed offre riparo a volpi e cinghiali, donnole e martore. Significativa la presenza del topo quercino.  Per l'avifauna, gheppi e falchi pellegrini, poiane, aquile reali, sparvieri.

Deviando dalla strada che conduce al bosco di Malabotta, facilmente si accede alle Rocche dell’Argimusco, altopiano che si eleva ad un’altezza superiore ai mille metri , con vista sull’Etna, lo Stretto di Messina e le isole Eolie, su cui si innalzano megaliti di calcare  che vento e pioggia hanno eroso conferendo loro strane forme. Un'altra interessante escursione è quella al bosco Pittari, nel Comune di Malvagna. Aree di interesse: Caserma Forestale Malabotta: partendo dall’area di parcheggio di Monte Cerreto, scendendo sulla destra, dopo aver attraversato un fitto bosco misto, c’è un’area attrezzata ed una fonte.

Come raggiungerla: 
Per arrivare alla riserva, da Messina si deve imboccare l’autostrada A19 PA-ME ed uscire allo svincolo per Falcone: da qui si segue la segnaletica per Montalbano Elicona. Superato l’abitato, si prosegue in direzione “Tripi”, fino al bivio che si trova poco oltre Portella Cerasa. 
Quindi, si gira a destra e s’imbocca Contrada dell’Argimusco, procedendo per un centinaio di metri, dopodiché bisogna seguire a sinistra la carrareccia che porta sino all’ingresso del bosco.

Casetta Carbonai: area attrezzata sede di antichi insediamenti agro-pastorali. Seguire l’itinerario n. 2 della Forestale (torrente Licopeti– torrente Pistone-Casetta Carbonai). 
Ufficio Provinciale Azienda (U.P.A.) di Messina, via Tommaso Cannizzaro n. 88, Messina - tel. 090.662820. 
Ufficio speciale forestale di Messina, tel. 090.717904
Distaccamento forestale di Francavilla di Sicilia: tel. 0942.982188
Distaccamento forestale di Floresta: tel. 0941.662033
Distaccamento forestale di Patti: Via Mazzini, 3 – tel. 0941/22639


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